tre parole sul famoso crollo argentino

Niente di ché solo tre parole buttate giù 
con la speranza di un dibattito
(conversazione virtuale con delle
 persone incontrate ad un seminario 
sulla Scuola a San Lorenzo, Roma)

Accennavo alla storia del movimento anarchista e socialista perché da una parte è stato un forte vincolo che legò i popoli sudamericani agli europei, stabilendo un forte scambio di idee, teorie ed esperienze, se si può teorizzare sull'esperienza che un popolo fa per arrivare a un determinato momento storico e darsi delle soluzioni innovative.
In questo la memoria collettiva è un forte componente. La esperienza fatta dalle popolazioni urbane in Argentina condizionò la formazione di movimenti sociali specifici nei diversi ambiti, a livello di quartiere, negli spazi di lavoro, nelle scuole e nelle università.


Nel decennio '90, la disoccupazione massiva e la chiusura di fabbriche generò una grande quantità di occupazione informale, di sopravvivenza. Molti sindacati si videro nell'obbligo di includere dentro la loro struttura ai disoccupati che crescevano in numero rapidamente, creando anche la categoria di "lavoratore disoccupato", operai molto specializzati che non trovavano posto per svolgere il loro mestiere.
Questo bisogno crescente provocò l'occupazione di fabbriche come l'IMPA già dal 1998, e la sua rimessa in produzione cooperativa, dimostrando che in tanti casi la chiusura avveniva per il calo nei profitti per i capitalisti proprietari, ma che questi bastavano comunque per mantenere i posti di lavoro.
La profondità della crisi fu drammatica. E a un certo punto non c'era liquidità, non circolavano soldi e da questo terribile fallo del sistema nacque allora la esperienza dei mercati di scambio solidale.

Nel 2000, i movimenti di disoccupati e lavoratori in lotta contro la perdita dell'impiego avevano esteso la modalità di "piquetes" ossia interrompere il traffico nelle autostrade e nelle strade in città, questi piquetes per essere sostenuti nel tempo avevano bisogno di altre tante persone presenti sul luogo, così iniziarono anche delle assemblee allargate a chi sosteneva la lotta, altri lavoratori, le famiglie, gruppi di artisti che si recavano sul posto.
Tutte queste esperienze di incontro e dibattito  collettivo come tutte le iniziative popolari validavano la sua identità attraverso diverse figure storiche del passato, lotte e resistenze di diverso origine accadute prima, e anche vecchi dibattiti furono rispolverati. Il principale di questi coinvolgeva appunto la legittimità dei rappresentanti, la delegazione del potere popolare, la partecipazione attiva nelle decisioni, e chiaramente il modello economico neo liberale e infine il capitalismo nel suo insieme.

Insomma, ci sono molte caratteristiche da elencare, ma l'ideario anarchista fu revisionato, criticato e valutato diversamente, e chi aveva tra i 16 e i 60 anni negli anni 90, in un modo o nell'altro fu costretto a prendere una posizione politica.

L'educazione e i maestri in questo periodo di lotte furono chiave. 
In Argentina, i maestri ricevono gli stipendi attraverso i governi delle provincie ma fino al 1992, lo Stato nazionale finanziava anche direttamente delle scuole in tutto il territorio, tra le quali le magistrali, chiamate Escuela Normal. Comunque i maestri di scuola elementare e media pubblica non confessionale appartengono a un solo sindacato unificato per provincia, e tutti i sindacati docenti del paese formano la CTERA, Central de Trabajadores de la Educacion de la Republica Argentina. Poi ci sono le scuole private e confessionali, che formano un altro sindacato e un'altra centrale nazionale, ma quella è un'altra storia ed è minoritaria rispetto alle scuole pubbliche.
Questo sistema permette di far in modo che gli scioperi docenti possano arrivare a fermare le lezioni anche in tutta l'Argentina, se così viene votato nelle assemblee sindacali che si fanno in ogni scuola, poi per circoscrizione, poi a livello provinciale e finalmente nazionale.

Nel 1997 con la crescita delle proteste dei docenti in tutto il territorio, scioperi, mobilitazioni e altre manifestazioni di contestazione alla politica per l'educazione, si istallò nella Piazza davanti al Parlamento la Tenda Bianca dei Maestri. Anche se il motivo principale della protesta è stato l'aumento dei finanziamenti per l'istruzione, gli insegnanti protestavano anche per una maggiore difesa del mercato interno, della produzione nazionale e le politiche di sostituzione delle importazioni, e la sospensione del pagamento del debito estero contratto dai governanti durante la Dittatura Militare tra 1975/1983. 
Questa Tenda occupò la piazza fino al 1999 quando si approvò una Legge di Finanziamento Educativo, e si calcola che in quel periodo siano passati più di tre milioni di persone, tra i quali circa 7000 scolari che venivano portati lì dai suoi insegnanti.

Un altro fattore importante furono le Università Nazionali che in Argentina sono gratuite e autonome, e dove le autorità si dividono tra docenti, graduati, studenti e amministrativi, che scelgono i loro rappresentanti nei consigli di direzione, sono co-governate. Le Università sono anche territori dove né la polizia né l'esercito possono entrare in nessuna circostanza sennò violando la legge. Quindi, è chiaro che in un contesto di dibattito e proteste sociali, ci si concentrò attorno a loro gran parte della gente. I Centri di Studenti, la Federazione Nazionale di Studenti Universitari, la FUA, e anche le organizzazioni docenti parteciparono attivamente nelle manifestazioni dei diversi settori, appoggiando il recupero delle fabbriche con la loro presenza dentro gli stabilimenti e mobilitandosi insieme al movimento operaio e disoccupato. 
E anche in questi casi, si formavano assemblee di tutti tipi, per prendere delle decisioni e organizzare le manifestazioni, chiaramente il dibattito era 100% politico, e anche chi non partecipava lo faceva consapevolmente in una scelta politica cosciente, visto che veniva fortemente contrastato in discussioni da chi invece sì lo faceva.

Nel 2000 e il soprattutto nel 2001, tutte queste realtà si vincolarono ancora più strettamente. Le occupazioni di fabbriche si moltiplicarono, i "piquetes" bloccavano le autostrade in quasi tutto il territorio nazionale, e la crisi era al suo punto massimo. Nel 1991 era nata una nuova Centrale Nazionale dei Lavoratori, la CTA dove confluivano i sindacati più attivi nella resistenza, tra quelli il sindacato docente delle scuole e quello dei docenti delle università nazionali, ma anche tanti movimenti di lotta alla povertà più o meno locali e con diverse identità politiche.

Nel 2001 le scuole erano aperte gli insegnanti, i direttivi, gli amministrativi concorrevano a scuola tutti i giorni, ma i maestri non facevano lezioni, gli scioperi erano quasi continui e lo stesso succedeva nelle università dove si organizzavano lezioni aperte nelle strade circostanti che venivano bloccate a questo proposito.

Poi si scatenò il disastro, il Presidente annunciò il blocco di tutti i conti bancari di tutti i cittadini, impedendo il prelievo dei risparmi nei conti correnti, questo accadde il 8 dicembre 2001, se non ricordo male. E allora anche i pensionati, la piccola borghesia, i conformisti di sempre, anche loro si scatenarono in mobilitazioni, attacchi alle sedi delle banche, proteste che sorgevano spontaneamente dappertutto.

Una delle modalità più usate in quel periodo per protestare consisteva nel marciare battendo delle pentole con delle posate per fare il massimo rumore possibile, erano degli "attrezzi" di protesta che tutti avevamo in casa e rappresentavano anche la fame contro la quale si lottava. Si chiamava a partecipare al "cacerolazo", cacerola=pentola.
Poi a dicembre in Sudamerica fa molto caldo, l'estate è arrivato e l'anno scolastico e lavorativo è agli sgoccioli, come luglio in Italia, si è stanchi e ci si prepara per il periodo natalizio che culmina con l'inizio delle ferie estive. Se l'animo della gente è normalmente esasperato, in questo contesto politico era agli estremi. Gennaio significa Agosto per noi.
Perciò quando il 19 dicembre sera, il Presidente ebbe la malaugurata idea di annunciare in televisione che decretava lo "estado de sitio" ci fu una vera e propria esplosione sociale. Estado de sitio significa per uno Stato repubblicano presidenzialista la sospensione delle garanzie costituzionali, è come dichiarare lo "stato di guerra" e quindi la mobilitazione delle truppe all'interno del territorio, significa inoltre la proibizione delle assemblee o riunioni di persone, l'obbligo di rientrare a casa a una certa ora e dà alle forze dell'ordine la capacità di fermare a chiunque per interrogarlo e mantenerlo in stato di fermo per il tempo che si considera necessario.

In queste circostanze, e sentendo questo annuncio alle 21.00 sulla TV, la rabbia esplose e le persone iniziarono prima ad affacciarsi alle finestre e a battere delle pentole, poi vedendo che i vicini di casa facevano la stessa cosa, si scendeva in strada e ci si incontrava pentola in mano e pantofole ai piedi. 
Vedendo che piano piano scendevano tutti con i bambini per mano, in ogni città si iniziò a camminare in colonne in direzione del posto più significativo. A Buenos Aires si camminava verso la piazza de Mayo, dove c'è il palazzo presidenziale, a Rosario, verso il Monumento alla Bandiera, e così in tutto il paese. 
Si trattava semplicemente di una sfida concreta all'annuncio appena fatto, non c'erano bandiere né proposte, si battevano le pentole e si cantava "Que se vayan todos!" (Fuori tutti!) e lì sì che risorgevano i vecchi canti anarchisti, specialmente quelli della Guerra Civile Spagnola, quando molti argentini figli di spagnoli erano tornati per difendere la Repubblica poi sconfitta. 

Così passò quella notte, ci fu una repressione bestiale a Buenos Aires e in tante altre città, ci era già stata nei quartieri più disagiati di tutto il paese durante quel pomeriggio prima dell'annuncio, solo che non avevamo cellulari e le comunicazioni arrivarono nei giorni seguenti. Ci furono dei morti nelle risse, ma ci furono anche quelli ammazzati a sangue freddo, delle vere e proprie esecuzioni (in italiano si dirà così?) di militanti di base, i cui nomi ancora si ricorda in ogni mobilitazione popolare.
Il giorno dopo, il 20 dicembre, ci ritrovammo tutti un'altra volta in piazza e durante il pomeriggio arrivò la notizia della rinuncia del Presidente e della sua fuga in elicottero dal palazzo presidenziale davanti al quale c'erano ancora miglia di persone manifestandosi malgrado i carabinieri e la repressione. 

E lì la emozione di tutti noi fu totale, avevamo cacciato fuori il Presidente! Ci si sentiva capaci di tutto! 
Dopo anni di resistenza, ci eravamo tutti in piazza, eravamo d'accordo e sentivamo le stesse emozioni. Nessuno sapeva con certezza che fare il giorno dopo, però era chiaro quel che non si voleva. E il passo naturale fu che ogni uno tornando a casa discutesse con i vicini, così nacquero le assemblee di quartiere. Ogni una con le proprie caratteristiche, difficoltà e livello di dibattito. 
In quei giorni si parlava di tutto, tutto si discuteva, e così le assemblee funzionarono come spazi di dibattito pubblico per più di un anno in alcune parti, per meno tempo in altre.
Si crearono simpatie, inimicizie, progetti, reti, conflitti, di tutto. 
Poi in Argentina dopo che 4 presidenti erano stati eletti dal Parlamento e avevano rinunciato, il tutto in meno di 10 giorni, tornò la continuità istituzionale, un nuovo Presidente fu investito e appoggiato e la storia del recupero di questa terribile crisi socio economica è un'altra e molto discutibile.

Comunque, resta la esperienza collettiva di organizzazione in reti di solidarietà, la convinzione che nel incontrare e dialogare c'è speranza, la certezza di sapere che la Storia è in effetti nelle nostre mani e che la scriviamo quando stiamo insieme anche se non siamo d'accordo su tutti i particolari. 

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